Blog di FORMAZIONE PERMANENTE MISSIONARIA – Uno sguardo missionario sulla Vita, il Mondo e la Chiesa MISSIONARY ONGOING FORMATION – A missionary look on the life of the world and the church
“La parte più importante sono le domande dei ragazzi. Sono ancora interessati, oggi, a criticare la Chiesa, noi, chi governa, l’establishment? Oppure si allontanano in silenzio? Io sono convinto che là dove esistono conflitti arde la fiamma, lo Spirito Santo è all’opera…”.
Da un po’ di tempo il cardinale Carlo Maria Martini si (soffermava) con urgenza crescente sul tema della morte, “pregherei Gesù di inviarmi angeli, santi o amici che mi tengano la mano e mi aiutino a superare la mia paura”, ma le Conversazioni notturne a Gerusalemme (Mondadori) non hanno nulla di crepuscolare e rappresentano piuttosto le considerazioni inattuali del grande biblista, un dialogo con i giovani che tende all’alba, al futuro, “ci siamo avvicinati ai sogni”. Essenziale è il contesto. Figurarsi il cardinale conversare notte dopo notte con Padre Georg Sporschill, amico e confratello gesuita che aiuta i bimbi di strada in Romania e in Moldavia. Gesù e la “radicalità” del Vangelo, la giustizia “attributo fondamentale di Dio” e l’“inferno sulla terra”, l’“opzione a favore dei poveri” e la speranza di “un nuovo rinnovamento della Chiesa”.
Al centro, i ragazzi. Il libro è scandito dalle domande che i giovani volontari impegnati con padre Georg gli hanno affidato. Così Martini li ascolta: la Chiesa “ha bisogno dei giovani” perché “ha sempre bisogno di riforme”, e specie “nella vecchia Europa” è necessaria “una ventata d’aria fresca”. In questo senso il cardinale nota preoccupato “l’indubbia tendenza a prendere le distanze dal Concilio” e dice che Lutero “fu un grande riformatore”, salvo aggiungere: “Trovo problematico il punto in cui, da riforme necessarie e ideali, crea un sistema a sé”. La “forza riformatrice” della Chiesa “deve venire dal suo interno”, Martini invoca una Chiesa “capace di ammettere i propri errori” come “dopo l’ingiusta condanna di Galilei o Darwin” (“per i temi che riguardano la vita e l’amore non possiamo attendere tanto”), soprattutto “una Chiesa aperta”. Attenzione, però: non intende una Chiesa che s’affanni a inseguire la modernità, disposta a concessioni per recuperare un po’ di consenso. L’apertura è alle domande di chi vive nella modernità: è restare accanto alle persone, prendere sul serio i loro dubbi, aiutarle a crescere e diventare “collaboratori di Dio”. Questione di metodo, “i percorsi non possono essere imposti dall’alto, dalle scrivanie o dalle cattedre”. Agitare il ditino alzato non serve. Serve aprirsi alle persone concrete, “rendere testimonianza come Gesù” perché il Vangelo è aperto a tutti, “il samaritano vede il prossimo che il sacerdote non ha visto”.
Per dire: il sesso prima del matrimonio è un dato di fatto, “illusioni e divieti non portano a nulla”. Non significa che il cardinale approvi. Però “nella Chiesa nessuno è nostro oggetto, un caso o un paziente da curare”. Con sant’Agostino dice: “Ai giovani non possiamo insegnare nulla, possiamo solo aiutarli a trovare il loro maestro interiore”. Si tratta di dare fiducia, “renderli indipendenti” (“anche i vescovi hanno bisogno di un interlocutore forte e consapevole”) e accompagnarli nel loro sviluppo spirituale. Un bellissimo capitolo è dedicato agli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, “le guide sono amici nel senso evangelico: accompagnano, fanno domande, sostengono, ma non si mettono mai tra il singolo e Gesù, anzi promuovono questo dialogo”. Martini offre risposte aperte e mette in gioco se stesso. Perché c’ è il dolore? “Se osservo il male del mondo, esso mi toglie il respiro. Capisco chi ne deduce che non esista alcun Dio”. Non ci sono risposte facili, bisogna mettersi in cammino: “Qual è la mia parte, e come posso io cambiare la situazione?”.
Il rischio è l’indifferenza. “Mi angustiano le persone che non pensano, che sono in balia degli eventi. Vorrei individui pensanti. Solo allora si porrà la questione se siano credenti o non credenti”. Per questo il fondamento dell’educazione cristiana è la Bibbia: “Non pensare in modo biblico ci rende limitati, ci impone dei paraocchi”. Non si coglie “l’ampiezza della visione di Dio”. Perché “l’uomo, e anche la Chiesa, corre sempre il rischio di porsi come un assoluto. Dobbiamo imparare a vivere la vastità dell’ “essere cattolico”. Sapendo che “non puoi rendere Dio cattolico”. Gesù tratterebbe la Chiesa attuale come i farisei? “Sì”, risponde il cardinale: erano i suoi “amici” e Gesù “li amava”. C’è chi nasce postumo, diceva Nietzsche. Di quello che Martini definisce “un piccolo libro” si parlerà per anni. L’importante è capire come la parola “critica”, qui, non abbia un senso “politico”, negativo: ha il valore essenziale che le può attribuire uno studioso di “critica” testuale delle Scritture. Quando padre Sporschill gli ricorda la storiella ricorrente del Martini “antipapa”, lui sorride: “Sono, semmai, un ante-papa, un precursore e preparatore per il Santo Padre”.
Vecchi Gian Guido -(21 ottobre 2008) – Corriere della Sera Pagina 40
Los Santos saben estar atentos a todo lo que les rodea, y sacar sus conclusiones para encontrar “caminos de Salvación” para todos.
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