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Nato a Roma verso il 354 e ordinato diacono da papa Damaso, trascorse la giovinezza alla corte di Costantinopoli, forse come precettore dei figli dell’imperatore. Lo strappò alla vita mondana una voce: «Fuggi gli uomini», e si ritirò nel «vastissimo deserto» di Scete, verso il 394 e morì verso 449. Si diceva che, come a corte nessuno portava vestiti più belli di lui, così tra i monaci nessuno li portava più vili. Quasi nessuno dei padri del deserto è stato tanto celebrato nella letteratura ascetica ed è presente in modo così vivo negli ambienti monastici. «Del padre Arsenio dicevano che nessuno poteva eguagliare il suo modo di vita”.
Raccontavano gli anziani che una volta furono regalati ai monaci di Scete alcuni fichi. Dato che erano cosa da nulla, non ne mandarono al padre Arsenio, perché non si offendesse. Saputolo, l’anziano non si recò alla liturgia. «Mi avete escluso – disse – dalla benedizione mandata da Dio ai fratelli, che io non sono stato degno di ricevere». Tutti udirono e furono edificati dall’umiltà dell’anziano. Il presbitero si recò a portargli dei fichi e lo condusse con gioia alla celebrazione comune.