Blog di FORMAZIONE PERMANENTE MISSIONARIA – Uno sguardo missionario sulla Vita, il Mondo e la Chiesa MISSIONARY ONGOING FORMATION – A missionary look on the life of the world and the church
Lunedì 22 Febbraio > (FESTA – Bianco) |
CATTEDRA DI SAN PIETRO APOSTOLO 1Pt 5,1-4 Sal 22 Mt 16,13-19: Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli. |
Martedì 23 Febbraio > (Feria – Viola) |
Martedì della I settimana di Quaresima Is 55,10-11 Sal 33 Mt 6,7-15: Voi dunque pregate così. |
Mercoledì 24 Febbraio > (Feria – Viola) |
Mercoledì della I settimana di Quaresima Gio 3,1-10 Sal 50 Lc 11,29-32: A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona. |
Giovedì 25 Febbraio > (Feria – Viola) |
Giovedì della I settimana di Quaresima Est 4,17k-u Sal 137 Mt 7,7-12: Chiunque chiede, riceve. |
Venerdì 26 Febbraio > (Feria – Viola) |
Venerdì della I settimana di Quaresima Ez 18,21-28 Sal 129 Mt 5,20-26: Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello. |
Sabato 27 Febbraio > (Feria – Viola) |
Sabato della I settimana di Quaresima Dt 26,16-19 Sal 118 Mt 5,43-48: Siate perfetti come il Padre vostro celeste. |
Domenica 28 Febbraio > (DOMENICA – Viola) |
II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B) Gen 22,1-2.9.10-13.15-18 Sal 115 Rm 8,31-34 Mc 9,2-10: Questi è il Figlio mio, l’amato. |
In tutta la Chiesa cattolica, oggi, ricordiamo il ruolo di Pietro, la sua missione e il suo ruolo all’interno della comunità cristiana. È l’occasione per ripensare alla nostra appartenenza al grande sogno di Dio che è la Chiesa.
Gesù ha un progetto sull’umanità, un progetto di condivisione e di amore, di giustizia e di pace che la Chiesa è chiamata a realizzare come testimonianza. Il gruppo dei suoi discepoli, i cristiani, vivendo nell’ascolto della Parola e nella condivisione della fede in attesa del ritorno del Signore nella gloria, annunciano ad ogni uomo il vero volto di Dio rivelato da Gesù. La Chiesa, chiamata cattolica, cioè universale è diffusa in tutto il mondo, radunata intorno ai successori degli apostoli e in comunione fra le varie chiese locali. Queste chiese sono in comunione le une con le altre, con un comune sentire, con una comune esperienza. Da sempre i discepoli hanno riconosciuto a Pietro un incarico particolare, un ruolo specifico affidatogli dal Signore Gesù per l’utilità comune. È il compito di custodire il deposito della fede. Chi ci dice che il modo che abbiamo di interpretare il vangelo è in sintonia con quello proclamato dal Signore? Pietro. E che siamo rimasti fedeli alle parole del Maestro? Pietro. E che non ci lasciamo trascinare dalle mode che vogliono adattare il vangelo al proprio tempo? Pietro. E questo ruolo, oggi, celebriamo con gratitudine.
Siamo entrati nel deserto per diventare uomini e donne più autentici, più veri, più liberi. Abbiamo seguito il Signore perché ci fidiamo di lui, perché nel deserto scopriamo le nostre immense fragilità, ma siamo anche sostenuti dalla sua amicizia e dalla sua grazia. Il mondo fugge il deserto, teme il silenzio. Noi lo accogliamo come fonte di serenità e di pace, come luogo dove possiamo incontrare la presenza di Dio, l’immenso. Gesù, nel deserto, vuole capire come fare il Messia, come annunciare il Regno. Noi, in questi quaranta giorni che ci sono dati, vogliamo lasciarci illuminare dalle profondità infinite di Dio per capire che cosa siamo diventati. Alla fine di questo percorso si staglia la collina del Golgota, il luogo della prova finale, il Calvario. E la scoperta che Dio si identifica con ogni uomo che quotidianamente incontriamo sulla nostra strada. La densa e inquietante pagina di oggi ci ricorda che la gloria di Dio è l’uomo che vive e che saremo giudicati dalla nostra capacità di riconoscere il suo volto nel povero e nel debole. Il deserto ci permette di ritrovare noi stessi e di vedere il volto del Dio di Gesù riflesso sul volto delle persone che incontreremo.
Nel deserto riscopriamo il valore e il dono della preghiera. Quella preghiera che, giorno per giorno, feconda i nostri giorni e cambia il nostro modo di vedere la vita. Facciamo fatica a pregare, tutti, anche dopo molti anni di tentativi e di esperienza, anche se siamo dei discepoli navigati. Alla fine del percorso non ci resta che arrenderci all’evidenza, ammettere la nostra incapacità e chiedere al Signore di insegnarci lui a pregare. La preghiera che ci consegna, l’unica che egli ci ha donato, è colma della sua interiorità, del suo slancio verso il Padre, della sua ricerca intima di Dio. Un Dio che è Padre/madre, che ci invita a riconoscerci parte di un tutto, che ci chiede di elemosinare ciò che riempie il quotidiano restando capaci di guardare all’essenziale e all’altrove. Riscopriamo questa preghiera, in queste settimane, facciamola nostra, gustiamola, ripetiamola spesso durante lo scorrere dei giorni. È la preghiera che meglio parla di Dio, e di noi. Siamo figli di un padre straordinario, siamo discepoli di un Dio che ci fa crescere e ci conduce verso la pienezza. E ancora chiediamo che ogni uomo scopra o riscopra il volto del Padre…
Per convertirci non abbiamo bisogno di segni prodigiosi o di eventi traumatici nella nostra vita. Abbiamo accanto a noi l’essenziale: la Parola, la testimonianza, la gioiosa esperienza della Chiesa. Abbiamo accanto a noi profeti come Giona che, nonostante la loro incoerenza e la loro pavidezza, annunciano nella Ninive in cui viviamo il primato di Dio. Abbiamo accanto a noi, nella Chiesa, persone sagge come Salomone che riescono a non farsi prendere dal delirio di onnipotenza e si fanno carico degli altri con prudenza. Comportiamoci come gli abitanti di Ninive che si vestirono di sacco e fecero penitenza e come la regina di Saba, disposta a venire da lontano per poter ascoltare la rara saggezza di Salomone! Non come i contemporanei di Gesù, talmente assuefatti all’annuncio di Dio da non riuscire a smuoversi dalle loro presunte certezze, anche dalle certezze di fede. Ben più di Giona c’è qui, ben più di una rara saggezza! Possiamo accedere a Dio sotto i segni sacramentali della sua presenza, senza paura. Il Signore Gesù si è donato totalmente e ci rende possibile l’accesso al Padre: è questo il tempo della conversione!
La quaresima, tempo di deserto, ci aiuta a riprendere in mano la nostra vita, a ricalibrare la nostra strada verso il Signore, a verificare il nostro discepolato. E una delle caratteristiche del discepolo è la qualità della preghiera cristiana che, ci ricorda con insistenza il Signore, non è rivolta ad un despota da convincere ma ad un padre che conosce bene le nostre necessità. Ma, proprio perché è un padre/madre, il Signore vede cose che noi non vediamo. Anche mio figlio chiede continuamente di comprargli dei giochi ma me ne guardo bene dal farlo! Così il Signore fa con noi: magari siamo insistenti (anche troppo) con lui per cercare di ottenere delle cose che ci sembrano essenziali e il Signore tarda a risponderci, forse perché ciò che chiediamo non è il nostro bene o forse perché dobbiamo prima crescere nel desiderio. E oggi il Signore ci ricorda il legame della preghiera con la vita: come possiamo chiedere una cosa buona al padre se noi per primi non sappiamo compiere cose buone per chi sta intorno? La nostra preghiera è credibile solo se diventa parte di un percorso più ampio che converte ogni nostro atteggiamento, se parte dal cuore di un discepolo che sa mettersi in discussione.
Gesù ha molto a cuore la coerenza fra la vita e la fede: non riesce ad immaginare come un discepolo del Padre riesca a rivolgersi a Dio in un modo, a pregarlo, senza convertire in contemporanea la propria vita. Certo: poi magari ci vuole del tempo e molta pazienza, ma fare il contrario di quello che si dice e si prega non rientra nelle possibilità del Signore. Purtroppo anche noi cristiani, troppo sovente, commettiamo lo stesso errore: creiamo una profonda distonia fra le nostre parole e la nostra vita. La fede, intendiamoci, non si riduce ad un generico buonismo ma se non produce l’effetto di una vita orientata alle parole che pronunciamo, è solo vuota retorica religiosa. Gesù giunge a chiedere al suo discepolo di anteporre la riconciliazione del fratello che ce l’ha con noi (e non viceversa!) alla celebrazione del rito liturgico. Quanto stonano i nostri atteggiamenti di indifferenza, di litigi all’interno della comunità cristiana per ragioni spesso ridicole con queste severe parole del Signore! Che la quaresima ci aiuti ad andare all’essenziale, a riportare un briciolo di coerenza fra le parole che pronunciamo e i comportamenti che viviamo…
Il discorso della montagna presente in Matteo è destabilizzante per i contemporanei di Gesù e per noi oggi. Per i farisei, in particolare, che reputavano Legge inviolabile gli oltre seicento precetti della tradizione orale che nulla avevano a che fare con Mosè e che Gesù si permette di correggere liberamente con grande scandalo dei devoti. Ma anche per noi, per la forza semplice ed immediata del suo ragionamento. Amare chi ci ama è molto semplice, osserva il Signore, non c’è nulla di virtuoso in questo, è del tutto naturale comportarsi in questo modo. Amare chi ci fa del male, il nemico, invece, è straordinariamente difficile, supera l’istinto e il buon senso, ci rende simili a Dio che fa sorgere il sole e fa piovere su giusti ed ingiusti. Al discepolo è chiesto di superare la connaturale simpatia o antipatia per andare alla radice di ogni rapporto umano fondato sulla giustizia divina. Proprio perché siamo oggetto dell’amore di Dio diventiamo capaci di amare, di quello stesso amore, le persone che ci sono moleste…In questa quaresima, perciò, lasciamoci amare con maggiore intensità dal Padre perché ci aiuti a vincere ogni resistenza ed amare gli altri dell’amore con cui siamo stati amati.
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